“Sono cresciuta nella DDR” – intervista con Peggy
Come si viveva a Berlino Est durante gli anni del Muro? Una testimonianza diretta di una ex cittadina della DDR. Una delle curiosità maggiori, non solo dei turisti, e’ di sapere come si viveva a Berlino Est, in un sistema che non esiste più, e come le persone convivevano con il Muro.
Una delle curiosità maggiori, non solo dei turisti, e’ di sapere come si viveva a Berlino Est, in un sistema che non esiste più, e come le persone convivevano con il Muro. Non e’ un caso che uno dei musei piu’ visitati di Berlino e’ il DDR Museum che ha come focus, mostrare la vita quotidiana nel piccolo Stato socialista tedesco.
Questa intervista e’ una onesta e spassionata testimonianza della vita quotidiana di una persona comune a Berlino Est ai tempi del Muro. Peggy si presenta subito dicendo: “Sono cresciuta nella DDR (sono nata nel 1967), ho frequentato l’istituto politecnico, sono stata Pioniere e nella FDJ (la federazione giovanile della DDR) e ho un diploma come elettromeccanico.”
– Peggy, sei cresciuta a Berlino Est, quale era la tua impressione su Berlino Ovest?
-Sono cresciuta ai margini di Berlino, a Zepernick, zona che fa già parte del distretto Frankfurt/Oder. Quando ero bambina Berlino Ovest era per me la parte di Berlino nella quale abitava un´amica di mia mamma, che qualche volta veniva a trovarci e ogni tanto ci mandava pacchetti con ananas sciroppati, cioccolato della marca “Schogetten”, caffè, e calze usate e rammendate. I suoi figli erano stati educati in maniera antiautoritaria e noi non avevamo praticamente nulla in comune.
Non era cosi` importante per me il non poter andare a Berlino Ovest, infatti il mio raggio d´azione fino ai 16 anni era piuttosto limitato e poi io avevo altri interessi. In seguito poterono venire da noi, “di qua, dall´altra parte” anche I miei nonni e ci portavano leccornie, dolciumi. La mia prima chitarra, che ricevetti a 13 anni a Natale veniva dall´Ovest.
A 16 anni iniziai la mia formazione professionale a Berlino, in un´azienda nella zona di confine e per questo dovevo avere sempre I documenti con me. Lavoravo nella Elsenstraße e potevo vedere il Muro e le finestre delle case confinanti. I miei pensieri si concentravano spesso sulle decorazioni natalizie che io trovavo orrende, ma anche solo sul bisogno di vedere l´altra parte.
Nel settembre 1989 ebbi il permesso, tramite l´ufficio turistico giovanile della DDR (Jugendtourist), di viaggiare a Coblenza e transitai via Friedrichstraße. Dopo aver superato I fastidiosi controlli alla frontiera, l´impressione del pezzo di Berlino Ovest sul quale mi trovavo era quella di una zona in cui I binari non sobbalzavano come all´Est.
– Come era la vita in una citta’ divisa in due da un Muro?
– Il Muro era una cosa alla quale non ci si doveva avvicinare troppo ma lui era semplicemente lì. La libertà di muoversi non era un pensiero costante poichè ero quasi sempre in viaggio, nella DDR, in Polonia, in Cecoslovacchia, Bulgaria, Romania e addirittura nel 1985 potei andare a Cuba. Consideravo l´Ovest profondamente ostile, non solidale e sfruttatore, pensieri, come risultato certamente anche della propaganda della DDR, ma alcuni di questi aspetti vengono confermati anche dalla realtà odierna. Questo però non significa che fossi d´accordo con tutto nella DDR.
Ma ad esempio il ruolo delle donne era molto diverso da quello che oggi abbiamo. Prima mi sono sempre sentita valorizzata nel mio lavoro. C’era la festa della donna con le sue onoranze ed era una cosa del tutto normale che una donna andasse a lavorare pur avendo figli. Una volta al mese c’era addirittura il “giorno del lavoro domestico”, anche se ora non mi ricordo piu’ se le ore di lavoro erano pagate. E noi potevano decidere se volevamo un figlio oppure no. (nota: nella DDR il diritto all’interruzione di gravidanza era legale gia’ dal 1972). Il sistema per l’accudimento dei bambini funzionava bene. Chiaro, anche allora non c’erano solo buoni asili nido e asili.
– Caduta del Muro: cosa ha pensato e cosa hai fatto in quel giorno?
-Quando fu dato l’annuncio dell’apertura del confine fra Est e Ovest, ho pensato: “bene, ora posso rivedere le persone che ho consociuto durante i miei viaggi e visitare tanti bei posti”. Non avevo capito che quella sera stava cadendo il Muro e che avrebbe portato alla fine della DDR. Sono andata a dormire per svegliarmi la mattina ed arrivare puntuale al lavoro.
La S-Bahn (la ferrovia urbana) era mezza vuota e al lavoro tutti parlavano dell’apertura dei confini. Il pomeriggio ero andata al corso di specializzazione ma la lazione era stata annullata, perche’ il resto della classe non si era presentato.
Quindi ero andata sull’Oberbaumbrücke (il ponte fra Friedrichshain – Berlino Est e Kreuzberg -Berlino Ovest) per dare un’occhiata all’Ovest. La fila al freddo e l’accalcamento erano orribili. Nel mio ricordo ho dovuto aspettare tante ore prima di arrivare “dall’altra parte”. Ci hanno messi tutti in fila davanti ad una banca per ritirare i “Begrüssungsgeld” (i soldi di benvenuto. i cittadini della ddr dovevano prenderli per spenderli nell’ovest) e ho sperato di non incotrare nessuno che conoscessi. Mi sono vergognata nel dovere accettare questa elemosina. Ma era l’unica possibilita’ di comprarsi un caffe’ e di vistare la citta’. Dopo una tazza di cioccolata calda (non c’era all’est) sono tornata di corsa indietro in direzione est per la paura di non potere piu’ tornare indietro. Questa paura ce l’ho avuta fin quasi tutti gli anni ’90.
– Wende (gli anni del cambiamento dopo la caduta del Muro): cosa ha significato questo periodo per te e cosa e’ cambiato nella tua vita?
– Ho gestito una piccola attivita’ commerciale con mio marito, lui era imprenditore e io ho imparato da autodidatta cio’ che serviva per l’amministrazione. E ho dovuto anche imparare che nell’Eifel (zona nella Germania dell’Ovest) era cosa buona quando una donna stava in casa e lavorava nell’impresa del marito, ma io volevo comunque trovarmi anche un altro lavoro tutto mio. La tutto era sempre ridotto alla apparenza esteriore.
Dal 1992 al 2007 ho vissuto in un piccolo paese dell’Eifel e mi sono scontrata con molte differenze di mentalità. Le donne lavoravano di notte nella tipografia per pagare le rate della casa e cosi’ durante il giorno potevano occuparsi dei figli. Io invece mandavo i miei figli all’asilo e questa cosa era vista in modo negativo, solo poche riuscivano a capire il mio modo di agire. Con il passare del tempo tutte queste cose si sono un po’ relativizzate. Naturalmente ho goduto della possibilita’ di viaggiare e delle belle apparenze.
– Cosa vuol dire per te la definizione “Ostalgie” (nostalgia dell’est)?
– La definizione “Ostalgie” la vedo in modo complesso. Ognuno di noi ricorda con piacere le belle esperienze della propria vita e credo che sia anche legittimo alterare il ricordo della propria giovinezza. Non era tutto buono nella DDR ma mi arrabbio ancora per come la gente, in generale, utilizza la parola dittatura. Quella forma di stato c’era con Pinochet, Franco e Saddam Hussein. E da noi non era cosi’. Mi ricordo di una bella infanzia e gioventu’, e delle notti a Berlino, in cui non dovevo avere paura della violenza e mi ricordo di una affidabile S-Bahn. (la S-Bahn berlinese si trova da diversi anni in una crisi profonda che porta regolarmente a disagi e disservizi per gli utenti).
Come liceale romano ho avuto modo di visitare la DDR nell’estate del 1982: Berlino, ma anche Lipsia, Dresda, Weimar e Meissen. Devo dire che l’immagine della DDR che esce fuori dall’intervista non corrisponde molto ai miei ricordi. Conoscendo bene il tedesco ho potuto parlare con coetanei e adulti. I ragazzi volevano tutti scappare dal paese (“mi nascondo nella tua valigia” dicevano). I trentenni erano i più indottrinati: la nostra guida giustificava il muro con difesa dal capitalismo. Gli anziani accettavano tutto pur di vivere in “pace” (la propaganda pacifista era martellante). Giravano anche barzellette antisemite. Ho mantenuto dei contatti epistolari con alcuni coetanei. Quando però ho inviato ad un ragazzo in regalo un libro non è mai arrivato… (possibile materiale di propaganda occidentale). Non era una dittatura?
Ciao, si’ capisco, infatti l’intervista e’ sui ricordi di Peggy. Il vissuto in generale e’ soggettivo. Ogni persona raccontera’ la sua esperienza di vita e non credo siano tutte uguali anche quando si tratta della DDR.
Ma la stasi, il controllo maniacale attraverso uno dei servizi segreti più organizzati e spietati del blocco comunista, tipico delle dittature paranoiche, è una invenzione dell’Europa occidentale? Mah. ..
L’intervista, se l’ha letta, non parla della Stasi bensi’ dell’esperienza di vita della persona intervistata. Mah…
A mio avviso, la ragazza dimostra grande maturità e onestà intellettuale. Inoltre, la Germania Ovest degli anni 80 era in crescita economica, esistevano lavori stabili e benessere diffuso. Ora che il capitalismo è nella sua fase globale e neoliberale con la sua precarizzazione del lavoro (anche in Germania), sempre più persone rimpiangeranno la vecchia DDR. Le forme di stato nascono, crescono e muoiono. Anche quella liberal-democratica di matrice capitalistica sta andando verso la sua fine… Siamo come l’URSS negli anni 70… Inoltre, la DDR non era il Cile, quella era una dittatura sanguinaria liberista.
“Sempliciottaggine”, non mi viene altro in mente…
…ah sì, mandasserò i Berlinesi sulle FR di Roma, così iniziano a rivedere il termine “affidabilità”.
ciao matteo, questa volta non capisco bene il tuo commento. nell’intervista parla una persona che racconta un’esperienza personale e non qualcuno che ha scritto un trattato di sociologia o storia per cui si puo’ essere d’accordo oppure no con le tesi proposte. inoltre si dovrebbero prendere in considerazione alcuni elementi biografici che sono riportati nell’articolo.
poi, ogni persona si rapporta alle esperienze della vita secondo standard e canoni diversi e questi dipendono anche dal luogo in cui si e’ cresciuti, non e’ che tutto il mondo deve fare paragoni avendo in mente gli standard italiani 🙂
a presto
marta